Quando ho iniziato a scrivere qui su Pensieri in Viaggio, mi sono subito accorta che parlare di viaggi non basta. A volte ho bisogno di dar sfogo a pensieri ed emozioni per parlare di un altro viaggio ancora più importante, il viaggio interiore.  Perché il viaggio è anche una dimensione intima e per questo ho deciso di aprire una sezione dedicata alle riflessioni, che è quella che mi regala maggiori soddisfazioni.  I post più riflessivi sono quelli indomabili, quelli scritti con l'anima, quelli che eliminano le barriere tra l'autore e il lettore permettendo un confronto intimo e immediato. Ed è così che ho incontrato Francesco, conosciuto meglio come Wandering Wil. Francesco ha viaggiato tantissimo, ma non è questo il motivo per cui mi sono appassionata - e affezionata - al suo blog. Perché nei suoi post Francesco va oltre i "semplici" racconti di viaggio parlando invece di come è cambiata la sua vita, dando consigli e spunti di riflessione con un minimo comune denominatore: la felicità.  Siamo in contatto da mesi attraverso un botta e risposta via mail che, per i tempi biblici, credo farebbe impallidire persino i piccioni viaggiatori. Ma finalmente ci siamo: oggi, per la prima volta nella mia vita, sarò io ad intervistare qualcuno.  Perché ho deciso di ospitare un'intervista? Perché sono sicura che Francesco, attraverso la sua storia e le sue parole, riuscirà a incuriosire e stimolare a inseguire i propri sogni anche in un momento sociale così complesso. E soprattutto riuscirà ad insegnare qualcosa, proprio come è successo alla sottoscritta. Sono partita dalla prima domanda che mi è venuta in mente:  Ciao Francesco, partiamo dalle origini del tuo percorso "maturo". Cosa ti ha spinto a lasciare un lavoro certo? E da quanto hai iniziato a puntare sulla felicità compiendo un viaggio dentro te stesso? Da piccolo sarei stato il classico bambino che domanda sempre il perché di tutto, se non fossi stato troppo timido per farlo. Una delle cose che mi facevano (e fanno ancora) incazzare di più erano le risposte: "perché si" o "perché lo dico io": non mi bastavano. Volevo sapere la ragione di tutto, e volevo esserne convinto. Quindi quando mi è stato indicata la normale via della vita ("studia, lavora, metti via i soldi, vai in pensione") non l'ho mai accettata come verità assoluta, solo perché "così fanno tutti", e ho iniziato ad analizzarla, a farmi delle domande, e ovviamente, a cercare delle risposte. Trovarne i difetti non è stato difficile. Il lavoro che facevo mi ha deluso sotto molti punti di vista. Da un punto di vista etico, mi sembrava sbagliato. Io lavoravo nel ramo della produzione industriale (programmavo robot e sistemi di visione industriali). Il mio lavoro era onesto, ma ero un alleato innocente di coloro i quali creano nuovi bisogni per vendere nuovi modi di soddisfarli. Chi lavora in questo modo specula sull'insoddisfazione e sull'invidia delle persone, perché queste ci rendono consumatori. In altre parole, queste persone giocano con l'infelicità delle persone, e io non volevo essere un loro alleato.  Poi c'era il discorso della salute: io non amo lo stress di nessun tipo, e lo stile di vita che avevo (sedentario, continue trasferte in luoghi pericolosi e insalubri) mi aveva provocato vari disturbi, pur essendo io relativamente giovane. L'insoddisfazione, la mancanza di prospettive, la noia. Anche questo ha contribuito al mio malessere. Mi mancava il senso di quello che stavo facendo, uno scopo. Mi sembrava la rotella del criceto, che non finisce mai e non ti porta da nessuna parte. Infine, scoprire che il tempo era passato, e io ero diventato vecchio, senza diventare grande. Questo è stato il colpo finale. Io amo la vita, e di cosa è fatta la vita se non di tempo? Avevo scoperto di aver scambiato tre anni della mia vita, facendo qualcosa che non mi soddisfaceva, mi annoiava, mi faceva male alla salute, non mi dava prospettiva e mi sembrava pure sbagliata dal punto di vista etico... per cosa? per uno stipendio paragonabile a quello di una ragazza delle pulizie? No grazie. Il mio tempo (come quello di chiunque altro) vale molto più di questo, e non mi riferisco solo ai soldi. E così ho mollato il lavoro.  La vita non può essere solo soldi, e carriera, e pensione! Ma che valori sono? Siamo delle macchine perfette, con un cervello e un cuore capace delle più grandi espressioni artistiche e scientifiche. Siamo in grado di collegare pensieri apparentemente lontani, e renderli reali con le nostre mani. 

Quindi, una volta licenziato, mi è parso subito naturale fare qualcosa per me stesso, come per recuperare i valori veri che mi avevano fatto ignorare. Inconsciamente sapevo di cercare qualcosa, pur non sapendolo identificare con precisione. 

Mi sembrava che il viaggio, e in particolare un viaggio impegnativo come poteva essere il giro del mondo in solitaria, fosse la manifestazione perfetta della mia ricerca. Simbolicamente, inoltre, il giro del pianeta rappresentava un modo di girare pagina, e cambiare era.

Fu così infatti. In viaggio riuscii a identificare l'oggetto della mia ricerca, e senza grosse sorprese, era la felicità stessa. 

Che cos'altro avrei dovuto cercare, in fondo? Era così naturale, ovvio... ma a volte bisogna esplorare il mondo fuori di noi per riconoscere i dettagli del mondo dentro di noi, no?

Diciamo che il viaggio mi è servito per mettere il timbro a una cosa che sapevo già, e che in fondo sa ognuno di noi: cerchiamo tutti la felicità, solo che non sappiamo come. Seguiamo quindi la strada che seguono tutti, convinti che sia quella giusta, trovando conforto nella presenza degli altri, ma quella strada non ci porta quasi mai dove dobbiamo andare noi. Ci porta dove vanno tutti, e basta. 

Io avevo capito che la mia strada era diversa, e dovevo procedere in un'altra direzione. E così ho fatto.

Cosa ti ha insegnato il viaggio? 

In viaggio tutto è nuovo: gente, cibo, abitudini, colori... 

Ma non è solo questo: oserei dire che quello è il lato superficiale del viaggio. 

C'è una dimensione più intima in ogni viaggio, ed è come noi reagiamo a quella gente, a quel cibo, a quei colori. L'insieme delle nostre sensazioni, delle paure. 

Ogni viaggio nel mondo è una sfida, e ogni sfida è l'opportunità di un viaggio dentro di noi. Sono due viaggi allo specchio, quello attraverso il mondo, e quello riflesso, dentro di noi.

Da ognuno di questi due viaggi si può tornare a casa con un souvenir: un ricordo del paese, e un ricordo di noi stessi :)

Quindi cosa mi ha insegnato il viaggio? Beh, innanzitutto l'apertura mentale

Non che fossi chiuso prima, ma adesso sono proprio "spalancato". 

Ho abbandonato molti pregiudizi, anche se alcuni li ho trasformati in "post-giudizi", ovvero con cognizione di causa.

Poi ho sconfitto l'ultima bastione della mia timidezza, sono diventatosocievole, ho scoperto il valore della libertà, della ricerca, del viaggiare lentamente e senza guida, della natura, del silenzio, della vita semplice, dellacondivisione

In viaggio ho deciso per ben due volte cosa fare del resto della mia vita: la prima quando ho deciso di dedicarmi alla felicità (e mi ha fatto diventare un nomad worker), e la seconda quando ho deciso di dedicarmi alla scrittura.

Il viaggio poi, mi ha insegnato il valore vero delle cose, e a dare ladimensione appropriata ai problemi. 

E quando hai capito che era ora di tornare?

Se parliamo dei viaggi in senso stretto, torno dai viaggi quando ho visto abbastanza da essere "saturo", desensibilizzato alla bellezza. Normalmente questo mi accade dopo 2 o 3 mesi del tipico viaggio che faccio io, quindi abbastanza intenso.

In realtà, però, io non sono mai tornato dal giro del mondo. Il giorno prima di atterrare ho scritto: "Il giro del mondo finisce oggi di essere un viaggio, e diventa uno stile di vita". 

Hai già capito che per me il viaggio è più una dimensione intima che un movimento esteriore. 

Io porto il viaggio sempre con me. Quando mi iscrivo a tango di cui mi ero innamorato a Buenos Aires, quando cucino orientale a casa, quando faccio teatro per rovistare un'altra volta nello sconosciuto, quando dipingo... il viaggio è un'attitudine mentale da cui non sono mai tornato :)

So che l'avrai già detto mille volte in rete (e non), ma te lo chiedo di nuovo: come mai hai deciso di aprire un blog?

Come avrai già capito, da un po' di tempo lascio correre l'istinto e ascolto la voce interiore che mi parla, anche se magari al momento non ne capisco le ragioni. 

Un giorno, in Scandinavia, stavo tornando a casa dopo due mesi e mezzo di viaggio solitario, e piangevo. Non piangevo perché non avevo voglia di tornare, anzi, ero piuttosto stanco e non vedevo l'ora di riposarmi. In un lampo di illuminazione ho capito che piangevo perché non avevo voglia di tornare alla mia solita vita, quella che passa tra un viaggio e l'altro - si, anche io mi annoio!

Non avevo voglia di tornare a programmare, chiuso nel mio stanzino. Il mio problema era il lavoro, anche se era quello figo di "programmatore nomade".

Quello è stato il momento in cui ho deciso di cambiare vita per la seconda volta e ho mollato anche quel lavoro.

Il blog mi sembrava il normale proseguimento di quello che stavo già facendo. Dal blog avrei potuto continuare a scrivere, raggiungere sempre più persone, raccontare le mie storie, e condividere le mie riflessioni. 

Ancora oggi, a distanza di un anno, continuo a scoprire nuovi motivi per questa scelta. Sto crescendo personalmente assieme al mio blog, sotto vari aspetti.

Però ho messo alla "prova del pubblico" le mie convinzioni. Mi sono accorto che i miei racconti di viaggio sono carini, ma anche no. E mi sono accorto che le mie riflessioni sono molto più richieste. 

Questo mi ha permesso di capire che io stesso forse sono più un pensatore che un viaggiatore. In fondo a ben vedere nei miei viaggi non ho fatto niente di straordinario, niente che tanti altri non abbiano già fatto prima e meglio di me. Per questo motivo il mio blog si sta allontanando in modo piuttosto evidente dai racconti di viaggio. Tra un po' di tempo saranno proprio messi in secondo piano, privilegiando l'aspetto riflessivo e dicondivisione delle esperienze.

Ho ascoltato le storie di tantissime persone. 

Per la prima volta nella mia vita, ho ascoltato tantissimo, io che sono sempre stato un parlatore un po' distratto (non potrei mai fare il giornalista!). 

Con ogni nuova mail, ogni nuovo commento o messaggio privato, mi sono reso conto di quante infinite varianti di persone, di situazioni e di contesti esistano, e come queste siano tutte diverse, ma in fondo anche tutti simili. 

Non posso dire di conoscere l'essere umano, ora, ma posso dire di aver capito un po' meglio tutta una fetta di umanità che, seppure distinta, èaffine a me almeno per sogni e desideri. 

Ho avuto anche la mia occasione per fare del bene al prossimo. Ci sono tanti modi per farlo: chi fa il medico, chi fa ricerca, chi fa il volontario. Ma io credo che anche far sognare e far riflettere qualcuno sia un modo come un altro per fare del bene. Non scrivo solo per fare numeri, o per essere famoso, altrimenti mi accontenterei di scrivere frasi smielate sui post-it, o frasi da segretaria in crisi premestruale e le chiamerei "perle".

E tutto questo mi ha portato a quello che probabilmente sarà il prossimo passo epocale nella mia ricerca: il libro. Il libro che sto scrivendo è il proseguimento ideale di ciò che ho intrapreso, un anno fa, con il mio ingresso in internet come "personaggio pubblico". 

Il contenuto di quel libro sarà la mia massima espressione della condivisione, la summa di tutte le esperienze fatte in questi cinque lunghi anni.

Trovo che tu sia arrivato a rivestire un vero e proprio ruolo sociale grazie alle tue parole. Sei un esempio per molti, uno stimolo a inseguire i propri sogni e non smettere mai di crederci. L'avresti mai detto? Ti aspettavi tutto questo successo?

Dici che ho raggiunto un "ruolo sociale" e mi chiedi se mi aspettavo tutto questo successo. Non saprei se ho proprio questo ruolo sociale che dici, eh? Né tanto meno se ho questo successo! Certo, un anno fa la mia pagina aveva un decimo dei follower e il mio sito un decimo delle visite...

Però mi fa molto piacere vedere che ci sono persone affezionate, questo sì. 

Persone che leggono e commentano ogni mio articolo, e per cui sono diventato quasi una abitudine, anche se non mi conoscono e non mi hanno mai visto di persona. Mi fa piacere leggere i messaggi delle persone che dicono che li ho aiutati a fare qualche buona scelta. Mi fa piacere insomma sapere che sono considerato un essere umano, quasi un amico, e non un semplice "produttore di articoli" o un ufficio informazioni.

Poi, a dirtela tutta, non sapevo di preciso cosa aspettarmi. A me piace volare alto, quindi magari mi ero pure immaginato una fama interplanetaria, all'inizio. Quando ho capito che non era così - e ho fatto presto :) - horidimensionato l'altezza del mio volo. Da quel momento in poi ho visto un aumento costante di interesse attorno a me, ma sempre proporzionale all'impegno che mettevo in quello che facevo. Sono soddisfatto, ma so che devo continuare a essere sempre migliore. 

Ultima domanda: credo che il tuo blog sia stato un bene non solo per noi lettori, ma anche per te. Mi sbaglio? 

Insomma, io sto bene nel fare quello che sto facendo. Non è ancora la mia vita perfetta perché è un bel lavoraccio stare così tante ore al computer per seguire tutto, ma lo faccio volentieri. 

Ho qualche porta già aperta davanti, e un colpo in canna quasi pronto per essere sparato, con la potenzialità di essere una cannonata e di aprire ancora più porte. Ho prospettive, e orizzonti aperti di fronte a me. Sto facendo quello che ho scelto di fare in uno di quei rari momenti di completa lucidità e chiarezza. A volte sono stanco, perché la strada che ho scelto è difficile e in salita, ma è la strada che ho scelto io, so che da qualche parte arriverò, e mi sento libero.

Sinceramente, non so cos'altro chiedere di più.

Grazie per la bella chiacchierata, caro Francesco!

Potere seguire Francesco sul suo blog (da cui ho rubato le tre immagini del post) e sulla sua pagina Facebook.

Se non siete mai passati dalle sue parti, vi consiglio di iniziare l'avventura di Wandering Wil con questo bel post sulla metafora dello zaino. 

Vi lascio con un pezzo dell'Amleto con cui Francesco ha terminato una delle nostre ultime mail. Una citazione colta che riassume il senso e il messaggio di questo post:

"Che cosa è l'uomo più della bestia, se del suo tempo non fa uso migliore che per mangiare e dormire? 

Chi ci diede una mente di così gran tratto, capace del passato e del futuro, non ci creò con questi doni, per i quali il pensiero partecipa del divino, perché da noi si lasciassero muffire in noi senza usarli..."