Amo scrivere di notte.

Tutto tace. La gente dorme o è troppo impegnata a godersi la vita.

E io scrivo.

Sembra come se di notte sia lecito avere pensieri più profondi. E tutto quello che di giorno risulta assurdo, ecco, di notte acquista un senso.

Ci avete mai fatto caso?

Di notte si è più disposti ad ascoltare e ad ascoltarsi. Badate bene, non è questione di mente, è questione di anima. 

L'anima si fa più leggera, si alleggerisce, si disfa - almeno in parte - del peso della razionalità. 

C'è chi cerca di sfuggire ai propri pensieri, invece a me piace dannatamente rincorrerli. Rincorrere il loro eco. Da sempre. 

Amo restare da sola, di notte, a pensare. 

Ha del surreale. 

Come se il tempo si fermasse, come se ci si trovasse in un non-luogo, come se l'orientamento spazio-temporale non esistesse più. 

Di notte ci si osserva dall'esterno. Come spettatori silenziosi di un quadro. L'unico quadro della nostra pinacoteca. 

Mi osservo e inevitabilmente colgo una metamorfosi. La vita che cambia, si rimodella, acquista nuova forma. 

Le convinzioni che mutano, le paure che aumentano, spaventano e, al tempo stesso, entusiasmano. 

Nuove strade iniziano a delinearsi affianco a quella già segnata. 

Le deviazioni sono ancora lontane, ma ci sono. E danno già da pensare. 

E poi penso a quelli che non cambiano mai rotta. A quelli che non escono mai dal percorso battuto, a quelli che non rischiano mai di perdersi. E non sanno nemmeno quanto è bello ritrovarsi. 

A quelli che non hanno mai osato sognare, desiderare ardentemente qualcosa. A quelli che vivono di ciò che hanno senza pretendere altro, senza nemmeno la più sparuta ambizione.

Ecco, penso a quelli. 

Quelli sanno cosa significa mettersi in gioco? Provare un'assurda euforia frammista a timore? 

Sanno cosa significa guidare cantando a squarciagola? 

Sanno cosa significa andare contro tutto e tutti per seguire il proprio istinto? 

Ecco, io non capisco - e forse un po' invidio - quelli che riescono a vivere col freno a mano. Quelli che non conoscono inquietudine. 

Quelli che si accontentano. Quelli che, nel loro low profile, ci stanno da dio. 

Quelli che semplicemente vivono, senza farsi troppe domande. Senza premere l'acceleratore. Senza prendere bivi, senza cambiare mai strada. 

Senza nemmeno pensare alle famose sliding doors

E questo sembra assurdo per una come me. 

"Ripensi alle sliding doors, a tutte le direzioni che non hai preso.

Che credi di non aver preso, perché le vite che non hai vissuto hanno vissuto te. Ti hanno occupato, consumato. Sono state il tuo sogno ricorrente, la tua fantasia, qualche volta il rifugio. Una frustrazione o un balsamo. Dipende da dove ti ha portato la vita che chiamano reale e da quanta saggezza riesci a metterci. Perché, nella peggiore delle ipotesi, potresti farti rodere dall'invidia per quella persona che non sei stato, dall'odio per quell'altra che vive in te, ma soltanto lì. E scaricare questo peso su chi ti sta accanto. O, alla fine, su te stesso."

Gabriele Romagnoli (Solo bagaglio a mano, il suo libro) descrive egregiamente quello che penso sulle tante vite che avremmo potuto vivere. Le vite che si sfiorano, che scorrono e non si incontrano mai. 

Ecco. È possibile ignorare tutto questo?

È possibile ignorare le porte scorrevoli e prendere per buona solo la porta - l'unica porta - che si ha davanti? 

Me lo chiedo. 

Me lo chiedo e conosco già la risposta. La mia risposta. 

Keep going