Ci sono posti in Italia che se ne stanno zitti zitti, non parlano molto di sé.

Aspettano che qualcuno passi a dare una sbirciatina, non urlano, non ostentano. Aspettano. Semplicemente aspettano. Aspettano che qualche curioso apra lo scrigno per svelare a tutti il tesoro.

L'avevo pensato quando ho scoperto la Basilicata, l'ho pensato di nuovo qualche settimana fa in Calabria, quando abbiamo attraversato l'intera punta dello stivale a bordo di un ape calessino.

La Calabria, un'oasi da scoprire. 

In fondo già lo sapevo, ma avevo bisogno di capacitarmene con i miei occhi.

Di tuffarmi nelle sue acque così celesti e pulite, di toccare quel fondale sabbioso che ti inganna e subito si fa profondo, di gustare i suoi sapori, di sentir parlare calabrese.

Avevo bisogno di tutto questo. Per poi abbassare le palpebre, sorridere e pensare Che paradiso.

E all'improvviso ho capito perfettamente quel luccichio negli occhi di Farah, che quando mi parla della sua terra quasi si commuove, che quando prenota il biglietto per "tornare giù" inizia subito a fare il conto alla rovescia, che non vede l'ora di farmi da Cicerone nella sua Calabria.

E forse è grazie a lei se già prima di mettere piede in Calabria ho fantasticato su questa terra.

Forse è grazie a lei se mentre la nostra Ape Regina si divincolava tra le curve e gli strapiombi sul mare io pensavo a tutto quello che questa terra meriterebbe, a tutte le parole non dette, a tutto quello che tacitamente racchiude.

Viene quasi spontaneo un paragone con la Puglia, con tutto quello che nella mia Puglia si sta facendo negli ultimi anni. Un intenso lavoro di promozione che sta regalando grandi risultati.

Sono orgogliosa di questo lavoro, tanto orgogliosa, e vorrei che potesse accadere lo stesso con altre oasi da scoprire, inclusa la Calabria.

Ma forse, in fondo in fondo, va bene così.

Va bene così perché i boccioli che si schiudono lentamente regalano grandi sorprese, perché restano autentici, parzialmente inesplorati. E va bene così.

La Calabria.

L'associo a quel nonnino - all'apparenza un po' burbero - che ci ha accolto nel suo delizioso agriturismo A' Pittara a Vibo Valentia, a due passi da Tropea.

Le guance rubiconde, l'accento sfacciatamente calabrese, i modi di fare scontrosi ma al tempo stesso non maleducati.

Abbiamo pensato che il suo fare antipatico - e inversamente proporzionale alla bellezza della struttura - ci avrebbe costretto ad evitarlo per tutta la durata della permanenza.

E invece.

E invece a cena, davanti a un bicchiere di vino calabrese, ci siamo lasciati andare. E lui con noi.

Quel signore burbero è diventato un nonnino, uno di quei nonnini dalla scorza dura ma dal contenuto tenero. Ci ha accolto con una tavola imbandita, con una serie di leccornie tipiche della zona.

Ci ha preso per la gola con i fiori di zucca fritti, con salsiccia e nduja, con una zuppa di cipolla rossa di Tropea che passerà alla storia per la sua bontà.

Ci ha accolto con una cena semplice, genuina, dai sapori autentici e tradizionali.

Si è seduto a capotavola come un capofamiglia austero, con la premura che tutto fosse di nostro gradimento.

Quel nonnino che sembrava tanto scontroso è riuscito a farci sentire a casa, è riuscito a regalarci la cena più memorabile dell'intera esperienza in ape con #TheGIRA.

E la Calabria è proprio così. Come questo signore.

Un involucro duro e un cuore tenero. Come un forziere con i suoi gioielli da scoprire.

E così conservo un bellissimo ricordo del mio primo vero assaggio di Calabria.

Il prossimo anno voglio tornarci per scoprirla meglio.

Voglio tornare a Tropea, questo splendido diamante adagiato sul Mar Tirreno.

Voglio tornare per sporgermi di nuovo da quell'affaccio da cui si ammirano le impronte sulla sabbia e il mare azzurro che si increspa e si allunga sul bagnasciuga.

Voglio tornare per immergermi di nuovo nelle viuzze del centro storico tra colori, porticine, peperoncini in esposizione (o meglio, il viagra calabrese), cipolle rosse di Tropea.

Voglio tornare per l'artigianato e i nasocchi contro il malocchio.

Voglio tornare a Scilla.

Eh, me l'avevano già detto illo tempore alcuni amici: Scilla, te ne innamorerai.

Eh sì, mi conoscono bene.

Quelle casine colorate che terminano con l'enorme roccia su cui è adagiato il castello.

Una meraviglia.

E così la Calabria mi ha conquistato.

Ma in fondo lo sapevo già prima di metterci piede.

A presto Calabria, a presto oasi da scoprire.

Questa è una promessa.