Ci sono luoghi in cui sembra che il tempo si dilati.

Non parlo esclusivamente di luoghi la cui natura incontaminata sprigiona poesia.

No, stavolta mi riferisco ad una grande metropoli, la città regina dei sogni: New York City.

Sembra impensabile che tra infiniti grattacieli e palazzoni di cemento si possa vivere una dilatazione temporale, un concetto un pò troppo romantico per la frenesia della Grande Mela.

Eppure ripenso al Ponte di Brooklyn impreziosito dai raggi dorati del sole, a quel cielo dalle tinte rosa e arancio perfettamente mescolate tra loro. Ripenso a Miss Liberty che appare piccola e fiera all'orizzonte quasi come se fosse coraggiosamente emersa dalle acque del mare.

E pur provando a dare una collocazione temporale a quei momenti, a quantificare i minuti trascorsi su quel ponte, non c'è niente da fare. Mi risulta impossibile.

Mi risulta impossibile persino ricordare i rumori, il chiacchiericcio della gente, i discorsi con la mia amica compagna di viaggio.

Strano quanto il tempo - in pochi mesi - riesca a cancellare l'effimero facendo riaffiorare solo una parte dell'esperienza vissuta. Lo stupore, le sensazioni, la gioia dell'essere lì.

Non mi resta che abbandonarmi ai ricordi e alle emozioni.

I grattacieli minuscoli all'orizzonte che al tramonto si trasformano in una moltitudine di specchi, il fluire dei passanti e la facilità nel distinguere i residenti dai turisti.

Facilità perchè i turisti non fanno altro che scattare foto e sorridere per la meraviglia di cui sono spettatori, mentre i residenti sfrecciano con le bici o fanno un energico slalom tra una miriade di fotografi improvvisati.

Ma è mai possibile essere immuni a quello splendore abbagliante?

Chissà.

Credo che se vivessi a New York sapreste dove trovarmi ogni giorno al calar del sole.

Mi trovereste sul ponte di Brooklyn.

Immobile e sognante, con gli occhi che brillano di luce viva